Il viaggio incoraggia le persone a vedere la vita in modo diverso, è una pratica utile all’essere umano per scoprire grandi cose sul mondo e soprattutto su se stesso.
È davvero bello, quando permetti a te stesso, di perderti, nel senso di esistere senza un’identità ben precisa.
Dopo aver vagato per il mondo ti accorgi di amare la loro libertà nonostante tutta la sofferenza e il dolore, così come ci insegnano i grandi classici sul viaggio.
Anche il mio istinto di viaggiare è in realtà solo il desiderio di perdermi da qualche parte. Perché quando sei perso non c’è bisogno di definire te stesso, nessuna mappa, copione o certezza a cui attenersi, sei solo tu in un posto nuovo con nuovi occhi e un nuovo modo di sentire e percepire. Solo così impari ad abbracciare l’ignoto, perdendo la stessa sicurezza dei tuoi giorni sempre uguali.
C’è qualcosa di piuttosto affascinante nell’essere persi. Sembra che la mente creativa inizi davvero a mettersi in moto, a riattivarsi e a produrre tanto materiale.
La mente vaga alla ricerca di novità, nuove esperienze e ispirazione senza motivo né scopo preciso. Il viaggio è un riflesso di questa lotta interiore tra sicurezza e creatività, desiderio e paura.
Perdersi ti fa essere più in sintonia con il tuo ambiente, sei più sensibile e radicato nell’ambiente circostante.
Non c’è passato o futuro, non pensi a cosa farai domani o la sera stessa, non c’è altro che quel giorno che stai vivendo.
Non hai un ruolo o un’identità, le montagne non si accorgono e non si curano di te, così come gli oceani, le colline e le spiagge. Gli obblighi sociali sono abbandonati e quasi dimenticati e si sfugge al bisogno incessante di essere qualcuno, di cercare se stessi nelle approvazioni degli altri e di dimostrare la propria storia e valore.
I tuoi giorni così liberi scorrono senza piani, non ti affretti di preparare il programma perché sei curioso e desideri lasciare che le cose vadano, torni ad uno stadio primordiale ed osservi molto, ma con uno sguardo meno critico e con meno aspettative in testa.
E così perso e assente, hai creato spazio dentro di te.
Ti allontani da tutto ciò che hai conosciuto e ti allontani dalla persona che dovresti essere.
Ti riesci a guardare dall’esterno, ti ritrovi a guardare la tua vita come se fossi in un film. Piano piano stai lentamente perdendo te stesso, o meglio perdendo l’idea di ciò che pensavi di essere.
L’idea più importante è che viaggiare, indipendentemente dalla distanza da casa, ti permette di staccarti da ciò che ti è stato insegnato a pensare e, invece, di diventare attento e spontaneo.
Concedere a te stesso spazio lontano dalle aspettative è piuttosto liberatorio.
Riesci a scorgere altri modi, altri, luoghi, altri sentimenti, riesci a carpire lo spirito delle cose.
Quando ti dai questo spazio, sei in grado di vedere più chiaramente gli atteggiamenti che non ti servono da quelli che ti servono.
E così, perso nella scoperta del viaggio, senza un nome o un’idea, inizi lentamente a riconoscere gli schemi asfissianti che hai dentro di te. A casa non riesci ad osservarti così bene, non ti rendi conto che la tua vita suona come una litania, perché è tutto ciò che hai mai sentito.
Il viaggio è finalmente la tua pausa che ti consente di ascoltare le vere connessioni che esistono nella tua vita e che puoi vivere.
Senza identità, diventi un osservatore anonimo della natura.
E da questo vuoto che fuoriesce una nuova persona che ha più chiarezza, più volontà, più esigenze e più connessione con se stesso e con il mondo circostante.
Con il viaggio prende vita una nuova forma di sé.
Un giorno torneremo a viaggiare, ed allora,
buon viaggio a tutti.