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Storie di viaggiatori

Simona di Viaggio in Indonesia: la sua storia d’amore con l’Indonesia

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Simona, grazie mille per aver accettato di rispondere ad alcune domande, ne sono immensamente felice ed onorata di poterti ospitare sul mio blog.

Ciao Simona ci racconti un po’ di te, di chi sei, da dove provieni e la tua storia di vita fino al
trasferimento in Indonesia

Riassumere la storia della mia vita prima dell’Indonesia non è facile. Sono una persona per natura in continuo cambiamento ed è come se ad ogni tappa avessi sempre ricominciato da capo.
Sono nata in Puglia ed ho iniziato a viaggiare con la mia famiglia da che ho memoria. Mio zio in particolare era un grande viaggiatore. Ho passato gran parte dell’ infanzia ad ascoltare i suoi racconti di terre lontane, appassionandomi alle loro culture finché non sono diventate parte della mia quotidianità e del mio modo di immaginare il mondo.

A 18 anni ho lasciato la mia città e da lì ho iniziato uno stile di vita in continuo movimento che mi ha portato a trasferirmi nei posti più disparati sia in Italia che in Europa. All’inizio per studio e poi per lavoro.
Ho lavorato infatti per diversi anni nel settore della moda e del design, nella creazione e progettazione di collezioni, tessuti, cartelle colori e dei cosiddetti ‘trend book’ per le fiere internazionali.

Prima dell’Indonesia la mia unica priorità era unicamente la realizzazione a livello professionale.

Cosa ti ha portato per la prima volta a Java da sola

L’istante in cui ho capito che quel periodo della mia vita si era esaurito ed ero pronta per un nuovo grande progetto.

Nonostante amassi il mio lavoro, infatti, l’ambiente in cui vivevo mi aveva come isolato in una bolla sospesa dalla realtà, fatta di relazioni effimere, priorità futili e di un mondo superficiale che iniziavo a trovare sempre più claustrofobico e inconsistente. Avevo la sensazione che tutta la mia esistenza interiore a un certo punto fosse ferma e priva di colori.

È stato allora che ho conosciuto Rizky, mio marito, un giorno di novembre per caso, attraverso un social network.
In quel periodo stavano nascendo i primi abbozzi dei social, non esisteva la capillarità di adesso e seguivo per lo più pagine di artisti, musicisti, amici che vivevano al di là dell’oceano. Di lui mi avevano colpito le bellissime illustrazioni e le composizioni di musica elettronica.
Da quel momento è nata un’amicizia che mi ha portato – così come era successo da bambina – ad ascoltare altri bellissimi racconti di un paese lontano e a me sconosciuto. Quel paese era l’Indonesia.

Nove mesi dopo quel giorno, la mia valigia era pronta per accompagnarmi su un aereo con destinazione: Jakarta.

Ci racconti del tuo matrimonio a Java

Dopo varie vicissitudini, nell’agosto del 2012 ci siamo sposati a Jakarta con un rito tradizionale.
Per l’occasione ho indossato il classico soprabito javanese di pizzo, chiamato ‘kebaya’ed un pareo tessuto a mano in modo artigianale: il songket, mentre Rizky sfoggiava la sua camicia batik, un capo che si indossa nelle occasioni formali in Indonesia.
Abbiamo festeggiato nella semplice casa in cui è nato, nella zona di Jakarta est con un rinfresco a base di nasi kuning: il riso giallo delle occasioni speciali ed una bellissima Rainbow Cake, la torta arcobaleno dai 10 colori!

Quali sono state le difficoltà iniziali che hai avuto e se ci sono state di vivere in Indonesia

Le difficoltà in Indonesia sono sorte molto tempo prima che iniziassi a viverci.
Tre giorni dopo il mio arrivo a Jakarta sono crollata per la stanchezza, il clima e le complessità di adattamento.
In questa terra non sono arrivata infatti con un viaggio pianificato e i comfort di chi visita il paese come turista, ma accolta in una casa di una famiglia tradizionale, nella periferia surriscaldata di una metropoli, dove non esisteva né aria condizionata né acqua corrente né un negozio di alimentari.
La morsa del caldo umido era un peso fisico doloroso e difficile da sopportare e ci ho messo un po’ di tempo per capire come fare una doccia utilizzando il semplice ‘mestolo’ di plastica a disposizione. Questi tre giorni sono stati tuttavia fondamentali per elaborare il mio cambiamento. Ho deciso di non guardare più indietro e ricominciare da zero, senza fare confronti con quella che era stata la mia vita fino ad allora. Da lì mi sono rialzata ed è cominciata davvero la mia avventura.

Un’avventura che mi ha portato a vivere in ambienti completamente diversi fra loro: dal grattacielo di 60 piani nel Business District di Jakarta fino al bungalow di bambù ai margini della Monkey Forest di Bali.

E quali sono invece le cose a cui non puoi più rinunciare

L’Indonesia ha cambiato la mia vita ed è come se avesse messo in luce la mia personalità: una finestra aperta in una stanza chiusa da troppo tempo. A questo respiro adesso non potrei più rinunciare, come al tempo prezioso da dedicare alla cura delle persone che a cui voglio bene.

Qual è stato l’ostacolo più grande che avete dovuto affrontare come coppia e come famiglia?

Come coppia e famiglia finora non abbiamo dovuto affrontare grossi ostacoli.
I problemi che sono emersi durante la nostra vita insieme sono gli stessi che avrei potuto avere con una persona proveniente da una famiglia italiana di stampo tradizionale.
La cultura javanese ha infatti un’impostazione molto classica dei ruoli familiari e non favorisce l’indipendenza di un singolo individuo, ponendo come assoluta priorità la comunità.
Una nuova coppia non si stacca mai completamente dal nucleo di origine. Dopo il matrimonio va a vivere nella casa dei genitori, con il resto della famiglia o addirittura delle altre famiglie (di cugini, fratelli..), per cui c’è un’estrema condivisione e tolleranza. Un mondo molto lontano dal mio, abituata da sempre a vivere da sola.

Cosa ti ha colpito del la cultura indonesiana e del modo di vivere?

L’Indonesia è un paese enorme che pur anelando ad una certa unità, si ritrova completamente frammentato. Ogni isola ha religioni, usi e costumi completamente diversi fra loro. Non esiste un unico modo di vivere.

Già nel semplice passaggio fra due isole limitrofe come Java e Bali, si entra in due mondi totalmente diversi. Si passa dall’Islam all’Induismo, dal ritenere blasfemo mangiare carne di maiale ad essere offensivo mangiare carne di manzo, dal pudico velo intorno al capo ai busti nudi nei campi di riso.

Ciò che mi ha più colpito dell’ Indonesiana è proprio questo aspetto: la possibilità di convivere all’interno di una stessa idea di nazione da parte di più culture in contraddizione. La capacità di accettare queste grandi differenze dando a ognuna il medesimo rispetto e valore, come fosse il proprio.

Cosa speri di insegnare alle tue figlie sul mondo e sulla felicità

Spero di insegnare l’empatia, il valore della diversità, lo spirito critico, la curiosità, il saper osservare gli eventi da più punti di vista in modo elastico, l’importanza della cultura che rende indipendenti e liberi, l’attenzione alle piccole cose che ci circondano e che non vanno mai ignorate, la cura degli altri e l’importanza di coltivare la propria unica personalità senza accomodarsi pigramente sui giudizi esterni.

Per ultimo, il valore della creatività. Non sono una mammà che regala molti oggetti e l’uso degli strumenti tecnologici come tablet e smartphone è davvero limitato. Preferisco insegnare loro che esiste la possibilità di creare e di inventare ciò che si desidera anche sono con una scatola di cartone e dei colori. Devono imparare a utilizzare le loro risorse.

Dove pensi di passare il resto della tua vita, in Italia o in Indonesia?

Non riesco mai a fare delle scelte così nette in previsione di un futuro. Vivo alla giornata e vedo le cose in modo fluido. Ho bisogno di credere che ci sia sempre la possibilità di un foglio bianco su cui scrivere qualcosa di imprevisto.

Il progetto a breve termine è quello di far studiare le bimbe in Italia, in modo da poterle seguire in un momento così delicato come i primi anni di apprendimento, per poi continuare a dedicare il resto del tempo all’Indonesia, magari integrando gli studi con corsi di scuole internazionali come la Green School di Bali, focalizzata sulla sostenibilità ambientale.
Potrebbe essere l’occasione – in futuro – per approfondire in modo più strutturato queste tematiche nel nostro blog “Viaggio In Indonesia”, già orientato al supporto dell’economia locale e all’eco-turismo.

Il posto più bello dell’Indonesia ancora poco noto e meno battuto dal turismo di massa?

Di posti belli e poco battuti dal turismo di massa ce ne sono molti e disseminati in tutto l’arcipelago.
Basti pensare a Sumatra, al Kalimantan, alle Molucche e al Sulawesi, con i loro piccoli cluster di isolette disperse nell’oceano.
Il luogo che però alla profonda bellezza unisce anche una biodiversità unica al mondo è sicuramente l’arcipelago di Raja Ampat, definito uno degli ultimi paradisi sulla terra.

Grazie mille per condividere la tua splendida e romantica storia con noi, ci porti una grande ondata di
emozioni e di bellezza!

Seguite Simona e la sua famiglia in Indonesia nel suo profilo Instagram—-> VIAGGIOININDONESIA

Stefania, copywriter e digital strategist, amo leggere, viaggiare ed ascoltare le storie dal mondo. Adoro l'Asia. Vegan, piena di speranza per un pianeta migliore, innamorata del mio cagnolino Giotto.

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